L’ANDALUSIA CHE TI ASPETTI
Al mio arrivo a El Puerto de Santa Maria ho provato subito un dejà vu, un flashback atavico indescrivibile. Senza averla mai visitata prima sapevo che era una delle mie case in giro per il mondo.
Sentivo che in qualche modo ero già stato in quel luogo. Forse con l’immaginazione, forse grazie ai libri di storia o a qualche film visto da ragazzino o forse ancora in una vita precedente. Perché no? Memorie ancestrali… So per certo che la grande preoccupazione dei primi coloni di questo tratto di costa fu di costruire porti efficienti e sicuri. D’altra parte da un paio di secoli vi è stata un’altra imponente necessità: quella di produrre alcolici di qualità e in gran quantità.
Forse in un’altra vita ho avuto a che fare con la famiglia Osborne? O con i Gonzales di Tio Pepe? El Puerto de Santa Maria si appoggia ad est al fiume Guadalete accompagnandolo fino allo sbocco nell’oceano. A ovest si trovano le spiagge enormi e le pinete fra le dune. Proprio dalle pinete si sprigionano profumi da sogno. Quasi spiazzano i sensi.
El Puerto de Santa Maria è la terza sorella, minore e scomoda mi verrebbe da dire, delle due VIPs Cadice e Jerez de la Frontera.
Ricordo anche però che El Puerto de Santa Maria, insieme a Sanlucar de Barrameda e a Jerez de la Frontera, costituiscono il famoso triangolo dello Sherry, la zona di produzione del famoso vino liquoroso più importante al mondo.
Girando per le vie della cittadina mi aspetto che da un momento all’altro spunti fuori che so…un bucaniere, Zorro o chissà chi altro…Sarò pazzo ma tra le mura delle Bodegas di alcolici si potrebbero girare film a nastro. Ovviamente una buona dose di suggestione è data anche dal fatto che Cristoforo Colombo ebbe a che fare per un certo periodo con El Puerto e che proprio da qui partì per la sua seconda spedizione. Insomma ce n’è un bel po’ di energia.
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Tornando all’alcol sembra che le aziende che non abbiano a che fare col vino o con i cavalli siano davvero poche. Quindi i tre pilastri portanti di questa zona potrebbero essere: il vino, i cavalli e il Flamenco. Per quest’ultimo infatti esiste una particolare tradizione nel triangolo El Puerto de Santa Maria, Cadiz e Jerez de la Frontera. Basti pensare ai mostri sacri Paco Cepero e alla Perla di Cadiz.
Penso però ad altri punti di forza come il mare, il cibo e, sopra a ogni cosa, il clima. E poi c’è la Bodega Osborne e allora tutto assume un significato diverso. Così come la Bodega Gonzales Byass di Tio Pepe sta a Jerez de la Frontera, Osborne sta a El Puerto. È imprescindibile. Ma dello Sherry e del Brandy parleremo in un articolo a sé.
Come tanti altri centri andalusi anche El Puerto vive in bilico tra la modernità e la tradizione.
Infatti al di la del fiume, per altro attraversabile attraverso un moderno ponte pedonale, troviamo un enorme quartiere con alti palazzi ed esercizi commerciali. In inverno è tutto morto ma in alta stagione si trasforma nell’inferno in terra. Mi ricorda un po’ i famosi (e famigerati) Benindorm e Magaluff. Dietro ai palazzoni però si trovano i quartieri da classica “urbanizacion” con ville bellissime immerse in altrettanto bellissimi giardini. Peccato solo che la maggior parte di queste case venga occupata per poche settimane l’anno.


Ovviamente non possono mancare: il mercato rionale al coperto, le vie pedonali, l’infilata di piazzette costellate di palme e la classica miriade di bar e ristoranti.
Al Puerto non mancano nemmeno la Plaza de Toros e un bel castello, oggi di proprietà del produttore di vini Caballero.
Ho lasciato per ultimo l’argomento che più mi fa amare questa parte della Spagna: il Flamenco.
I tablao da queste parti si chiamano Peñas e ce ne sono diversi. La prima sera sono riuscito ad entrare in una Peña dove si esibivano i ragazzini di una scuola locale. Una specie di saggio con tanto di parenti entusiasti. E’ un aspetto del Flamenco che mi mancava e vedere queste bellissime ballerine nei loro fantastici vestiti colorati assieme ai piccoli toreri impettiti è stato fantastico. Mi hanno particolarmente colpito la velocità e la facilità con cui passavano dal gioco, dagli sberleffi e dai larghi sorrisi, alla impostazione imbronciata, tipica del Flamenco, una volta che salivano sul palco.
Nuove leve crescono… Magari ho visto nascere una nuova Star…
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“Oltre al Blues ho un sacco di altre passioni ma nessuna di queste supera la quasi perversa attrazione che nutro per l’Andalusia, per il Flamenco e per le zingare dagli occhi neri”