ALLUVIONE IN VAL TREBBIA.
UN ANNO DOPO
Giancarlo Fazzi, Senior Traveler, Italy
Circa un anno fa la furia che ha sconvolto la Val Trebbia e la Val Nure. Un’alluvione come mai vista tirò giù ponti, case e inghiottito strade. Purtroppo oltre ai danni materiali ci fu anche una vittima.
Ai tempi di Youtube non sono mancate certo le documentazioni, veloci e sul posto, archiviando così una gran quantità di video e foto. Materiale utile per la cronaca, per la memoria ma anche per capire meglio e a posteriori, le dinamiche dell’accaduto, cosi da definire nel dettaglio le quote di responsabilità umane e quelle derivate dall’eccezionalità dell’evento naturale.
Già pochi giorni dopo i fatti fu evidente la forza e la volontà dei valligiani. Una grande azione di recupero fu messa in campo nelle zone più colpite con il contributo di molti.
In casi del genere le priorità sono molte: ripristinare i servizi, quindi luce, acqua, fognature e riabilitare la circolazione stradale. Poi bisogna riattivare velocemente l’attività delle aziende e mettere al sicuro le persone con danni alla casa. Poi ci sono le scuole, i comuni e tutto quello che serve alla comunità.
Detto così sembra banale ma quando una catastrofe simile si abbatte su un territorio bisogna davvero fare i conti con le forze e le risorse a disposizione, con le priorità. Bisogna fare delle scelte molto in fretta, penso in particolare ai sindaci e ai responsabili della protezione civile.
“Fra tante polemiche spicca però l’impressionante capacità di reazione dei valligiani”
Fra tanti problemi poi c’era quello del ripristino della Valle in ottica turistica. Inutile nasconderlo, quel disastro ha cambiato in modo importante il corso del fiume che è il vero protagonista per il periodo estivo.
Personalmente ho notato il cambiamento unitamente ad un minore afflusso turistico, concausa anche la siccità stagionale e la scarsità di portata del fiume. Il Trebbia, prima della confluenza con l’Aveto, tra luglio e agosto faceva davvero pena. Non aveva nemmeno portata sufficiente per percorrere le anse naturali causando ampi ristagni in diversi punti. Visto dall’alto risultava molto evidente. Anche con l’apporto dell’Aveto non è che la condizione migliorasse un gran che. Annosa questione legata alla diga a monte? Non saprei, forse solo la siccità.
Fatto sta che la prima attrazione turistica, il Trebbia per l’appunto, non è risultata all’altezza della situazione. Non vuole certo essere una critica alle persone, anzi ho visto che le amministrazioni hanno attuato diverse iniziative (ricordo anche quella dei sindaci a mollo nel fiume…).
È abbastanza evidente come alcuni dettagli, estetico-funzionali, legati al turismo balneare siano stati messi nella zona bassa dell’elenco priorità di cui parlavo prima. Un esempio su tutti? I lavori di sbanco sotto il ponte Gobbo di Bobbio. Ritardi? Grandi opere? So solo che quest’estate, le facce perplesse dei turisti in posa per la foto sul ponte senza capire bene quale fosse lo scopo dei lavori la diceva lunga.
A conclusione però rimarco l’impressionante reazione degli abitanti. Un’immagine su tutte è legata alla bellissima giornata trascorsa a Marsaglia il primo novembre, a poche settimane dal disastro e a pochi metri dal fiume, in una delle zone più colpite. Un paese unito, in festa, con la chiara intenzione di andare avanti con le proprie forze.
Qui il link all’articolo relativo alla recente inaugurazione della passeggiata di Marsaglia.
Bravi. Un virtuoso esempio di comunità.
“Oltre al Blues ho un sacco di altre passioni ma nessuna di queste supera la quasi perversa attrazione che nutro per l’Andalusia, per il Flamenco e per le zingare dagli occhi neri”